Come programmare un figlio? É una delle domande che circola con maggior frequenza tra le donne lavoratrici in questo periodo. Non c’è una vera strategia da seguire, anche perché le situazioni sono contingenti e variano a seconda dei casi. In questo articolo ti fornisco quindi alcuni consigli, elaboratori da professioniste del settore, per conciliare al meglio lavoro e famiglia.
Purtroppo bisogna fare i conti con una società che, nonostante i buoni propositi, è ancora tendenzialmente maschilista. É però paradossale che, mentre si riduce drasticamente il tasso di natalità in Italia e si chiede alle famiglie di fare figli, si ravvisa la mancanza di politiche a sostegno delle donne lavoratrici.
Immergiamoci nella questione e analizziamo quali sono i comportamenti virtuosi da adottare.
Come programmare un figlio: qual è l’età giusta?
Qual è l’età giusta per avere un figlio? Ecco un’altra domanda tipica per una donna lavoratrice. In realtà non esiste un’età giusta o sbagliata. Programmare una gravidanza non è certo una passeggiata ed entrano in gioco diverse variabili come maturità personale, solidità della coppia, disponibilità economica ecc.
La carriera è un elemento da tenere in considerazione, ma non deve essere prioritario. Alcune donne pospongono la gravidanza e danno priorità alla propria carriera, decidendo poi di avere un bambino una volta raggiunti determinati traguardi.
Non sempre però la carriera segue il percorso sperato, così come non basta volerlo per restare incinte. C’è da considerare poi l’orologio biologico della donna che, soprattutto dopo i 30 anni, corre sempre più veloce e quindi possono subentrare diversi problemi che ostacolano la gravidanza.
Il consiglio delle esperte? Fare figli da giovani, così da poter “recuperare” eventualmente il tempo perso in ambito lavorativo. I primi anni del bambino assorbono molte energie fisiche e mentali, quindi risulta complicato trovare tempo per il lavoro. Una volta cresciuto però il bambino è più indipendente e gestibile, così da dedicare più tempo ed energie al lavoro.
L’azienda è strutturata per mamme lavoratrici?
Prima di una gravidanza è opportuno valutare la struttura dell’azienda dove si lavora. Quando si parla di struttura si fa riferimento anche alla mentalità ed all’approccio da parte dell’azienda.
Una neomamma potrebbe vedere il suo luogo di lavoro completamente diverso rispetto a prima, perciò è opportuno fare alcune osservazioni.
Se nei posti che contano ci sono esclusivamente uomini, allora forse si tratta di un’impresa “maschio-centrica” che potrebbe ostacolare o comunque non vedere di buon occhio una gravidanza.
Se invece ai posti dirigenziali ci sono diverse donne o padri in congedo parentale, allora si tratta di un’azienda attenta alle esigenze dei genitori.
Occhio anche alle domande in fase di colloquio. Molte di esse sono a trabocchetto e finalizzate a capire se la candidata intende avere figli e qual è la sua situazione economica e familiare.
Per quanto riguarda la struttura, vale la pena considerare se ci sono programmi di welfare all’interno dell’azienda. Alcune imprese moderne sono dotate di un nido aziendale, o comunque hanno convenzioni con asili nidi e società di baby sitting per venire incontro alle esigenze dei genitori.
In generale è importante che venga garantita una certa flessibilità negli orari lavorativi, oltre alla possibilità di lavorare in smart working.
Come annunciare la gravidanza in ambito lavorativo?
Eccoci ad un altro argomento spinoso che spesso manda in tilt le donne lavoratrici: come annunciare la gravidanza? Molte donne hanno addirittura paura, poiché temono di essere licenziate o messe in condizioni tali da chiedere le dimissioni. Licenziare una donna incinta è illegale, a meno che non si verifichino dei casi eccezionali (giusta causa, cessazione dell’attività, scadenza del contratto ecc.).
Una volta chiarito questo punto, la legge non stabilisce un termine entro il quale annunciare la gravidanza. Sarebbe comunque opportuno farlo alla fine del terzo mese, dando la possibilità al datore di lavoro di trovare una sostituita ed organizzarsi adeguatamente.
Oltre alla comunicazione verbale le esperte consigliano anche quella in forma scritta, magari via mail, tenendone poi una prova inequivocabile.
Come programmare un figlio: il comportamento più indicato in un ambiente ostile
Come accennato precedentemente, alcuni datori creano condizioni di lavoro difficili per donne incinte o comunque mamme di bambini piccoli. Programmare una riunione alle 19:00, dopo l’orario lavorativo, non è certo il massimo per una neomamma.
Talvolta determinati comportamenti sfociano addirittura nel mobbing ed in questi casi ci sono gli estremi per una causa.
Sarebbe però preferibile non arrivare a questo, anche perché una neomamma che desidera concentrarsi sul lavoro e sulla sua carriera ha bisogno di serenità e stabilità. Lo stress emotivo sarebbe troppo alto e difficile da gestire.
Bisogna quindi cogliere quei piccoli segnali che lasciano presagire la creazione di un ambiente sempre più ostile nei confronti di una giovane mamma.
In tal caso vale la pena guardarsi attorno e trovare un altro lavoro, magari in un ambiente più sensibile verso le necessità e le priorità delle neomamme. Meglio partire da zero ma in un contesto sereno e stimolante dove dare il meglio di sé.
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