Il caro vecchio posto fisso, a differenza di qualche decennio fa, non è più l’obiettivo principale delle lavoratrici, soprattutto se si guarda a come il mondo del lavoro sia profondamente cambiato. Nel contesto in cui stiamo vivendo dobbiamo chiederci cos’è la mobilità lavorativa e soprattutto come interpretarla.
Prima di rispondere dobbiamo capire che il mondo è sempre più globalizzato e l’attività di una dipendente potrebbe mutare notevolmente nel corso degli anni. Al di là di specifiche hard skills necessarie, come ad esempio la capacità di parlare fluentemente una o più lingue straniere, bisogna essere pronte e disposte a fare trasferimenti, anche lunghi e definitivi.
O magari potrebbe cambiare il ruolo all’interno della stessa azienda, sempre nell’ottica della mobilità lavorativa. Cambiamenti che hanno un impatto determinante sulla vita della dipendente e, di conseguenza, sulla sua famiglia e sulle persone che le stanno vicino. Dopo questa premessa possiamo accendere i riflettori sulla mobilità lavorativa, sulle sue caratteristiche, sui pro e sui contro.
Cos’è la mobilità lavorativa? La definizione
La mobilità lavorativa è intesa come la capacità e la disponibilità di una lavoratrice di spostarsi da una città all’altra, o addirittura da un paese all’altro, o di cambiare la propria attività economica o la propria mansione all’interno di un’azienda.
La mobilità lavorativa può avere diverse accezioni e declinazioni, ma uno dei tratti caratteristici è sicuramente la flessibilità. In altre parole la lavoratrice deve essere pronta ad accettare cambiamenti, anche abbastanza importanti, che riguardano il suo lavoro.
Il lavoro è uno dei principali fattori di produzione, che per crescere può fare leva su elementi che cambiano continuamente. Del resto la mobilità delle risorse umane ha un impatto diretto sulla produttività di un paese, di una regione o di una città.
In tale ottica le logiche di produzione potrebbero cambiare dall’oggi al domani, mettendo la lavoratrice dinanzi a scelte che risultano complicate in determinate circostanze.
La globalizzazione, così come la riduzione dei costi di trasporto, ha inoltre reso particolarmente veloci e semplici i trasferimenti. Questo elemento ha avuto un impatto decisivo sulla mobilità dei lavoratori da città a città e da paese a paese, anche se distanti diverse centinaia di chilometri.
Quali sono le tipologie di mobilità del lavoro?
In parte ne abbiamo già accennato ma, per essere più chiari, possiamo individuare fondamentalmente due tipologie di mobilità del lavoro:
- geografica;
- professionale.
La mobilità di lavoro di natura geografica indica appunto la possibilità che una lavoratrice venga spostata in un’altra città o in un altro paese.
La mobilità di lavoro di natura professionale invece prevede che la lavoratrice possa cambiare attività lavorativa. Su questo punto è opportuno fare una piccola riflessione.
Potrebbe essere l’azienda stessa a chiedere ad una dipendente di cambiare mansione per diversi motivi. Magari quella dipendente ha acquisito una tale esperienza e maturità che ha le carte in regola per coprire ruoli di maggiore responsabilità.
Si tratta della classica promozione che in genere migliora la condizione economica della lavoratrice, ma porta anche maggiori responsabilità. In altri casi la dipendente viene spostata su un ruolo rimasto vacante o inserita in un team per mancanza di personale.
Oppure potrebbe essere la stessa collaboratrice che decide di cambiare lavoro, magari lanciandosi in un settore completamente diverso da quello trattato fino a quel momento. I motivi possono essere tanti: un migliore stipendio, un lavoro più vicino a casa (condizione fondamentale per chi ha figli) o semplicemente una nuova sfida da vincere con se stessa.
Gli effetti della mobilità sul mondo del lavoro e sulle lavoratrici
La mobilità ha un impatto importante sia sul mondo del lavoro sia soprattutto sulle lavoratrici e sulle loro scelte.
La mobilità indubbiamente aumenta il numero di forza lavoro disponibile dalla quale le aziende possono attingere. Ditte e società dunque hanno più possibilità di trovare il personale di cui ha bisogno, riducendo di molto il tempo e le risorse per la selezione e l’assunzione.
Guardando l’altra faccia della medaglia, proprio perché in alcuni settori potrebbe esserci abbondanza di personale, c’è il rischio che i salari possano scendere. Dinanzi ad una forte concorrenza infatti le dipendenti potrebbero accettare anche salari più bassi.
Questa contingenza porta ad un’altra condizione ancora: dal momento che le aziende possono assumere lavoratrici con le medesime qualifiche ma a salari più bassi, possono ridurre i costi a beneficio di una maggiore efficienza e produttività.
Queste contingenze portano dunque le lavoratrici a lavorare all’estero o comunque in città diverse da quella originaria, acquisendo maggiore esperienza professionale e arricchendosi anche culturalmente.
Da un punto di vista lavorativo le donne hanno dunque più opzioni, così da scegliere dove e come spendere le competenze acquisite. L’eccessiva competitività potrebbero però ridurre gli stipendi, anche se questo dipende dal settore.
Chi si specializza in settori di nicchia infatti non solo ha meno concorrenza, ma può ambire giustamente a stipendi più alti. Di contro però le donne potrebbero essere costrette a viaggiare e a trasferirsi in città o paesi lontani, un problema non da poco per chi è sposata o ha dei figli.
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