Discriminare: un verbo che fa paura a tutti. Analizzando la parola stessa notiamo che il significato vuol dire precisamente differenziare, distinguere e purtroppo nella nostra realtà non in senso positivo. In ambito lavorativo persistono ancora differenze abissali tra uomo e donna. Il gender gap è purtroppo evidente nonostante la Direttiva 2006/54/CE che prevede per la donna l’accesso a qualsiasi posizione lavorativa ricevendo il medesimo trattamento economico di un uomo. E già questo diritto è al 90% dei casi violato, percentuale davvero preoccupante. Le donne, infatti, durante la loro carriera lavorativa si scontrano più e più volte contro tante difficoltà. Come difendersi allora? Come denunciare le discriminazioni sul lavoro?
Per prima cosa è importante conoscere quelle più frequenti che sono:
- differenza salariale: anche ricoprendo gli stessi ruoli lavorativi, la donna purtroppo è sempre quella che guadagna di meno e che lavora di più per arrivare a determinate posizioni;
- molestie sessuali: spesso a lavoro si crea un clima ostile a seguito di comportamenti che violano in maniera aggressiva la dignità di una donna dettati dalla misoginia dei colleghi del sesso opposto o del datore di lavoro che, nei casi peggiori, sfociano in vera e propria violenza sessuale;
- maternità inaccettata: sei incinta? Allora o vieni licenziata oppure le tue ore di lavoro e le tue mansioni vengono ridimensionate, e la stessa sorte toccherà anche al tuo salario.
Tutto questo, e non solo, è ciò a cui è esposta ogni giorno una donna che nella vita non decide di essere solo una buona compagna, sorella, moglie, amica, fidanzata o mamma, ma che ambisce ad avere anche una posizione lavorativa importante o di spicco. Analizziamo come può una donna ribellarsi a questi soprusi e quindi come denunciare le discriminazioni sul lavoro che vanno a compromettere i propri diritti.
Come riconoscere una discriminazione?
Le discriminazioni di genere indicano la differenza di trattamento tra uomini e donne sul luogo di lavoro sia nel settore pubblico che privato.
Gli atti discriminatori maggiormente diffusi sono:
- il rifiuto di assunzione poiché la candidata è donna;
- il licenziamento a causa del matrimonio;
- la richiesta del test di gravidanza durante l’assunzione;
- il rifiuto di assunzione se la donna è incinta;
- i colloqui di lavoro dove viene chiesto se la candidata è sposata, vuole figli ecc.;
- le molestie verbali o sessuali sul luogo di lavoro;
- i provvedimenti che escludono la maternità dai benefici economici dei dipendenti.
Le discriminazioni vanno sempre incontro a sanzioni civili, amministrative o penali, per cui è sempre utile, non appena si nota uno degli atti sopra descritti, denunciare l’accaduto prima e non dopo l’eventuale licenziamento dal posto di lavoro.
Classificazione delle discriminazioni
Il nostro ordinamento riconosce tre tipologie di discriminazioni:
- discriminazione diretta: avviene quando la lavoratrice subisce dei trattamenti differenziati da parte di colleghi o superiori in virtù del proprio sesso, religione, handicap o qualsiasi altro elemento. Questa va in contrasto con il principio di uguaglianza sancito nell’art. 3 della nostra Costituzione;
- discriminazione indiretta: avviene quando un determinato comportamento, che può sembrare apparentemente neutrale, va a mettere in svantaggio la lavoratrice rispetto alle altre persone sempre in virtù delle proprie caratteristiche personali;
- discriminazioni collettive: si verifica quando un intero gruppo di lavoratori subisce trattamenti impari in virtù di una caratteristica personale che li accomuna. Possono a loro volta essere dirette o indirette.
Oltre alle discriminazioni troviamo poi le molestie che consistono in atti o comportamenti indesiderati, sia verbali che fisici, di carattere sessuale che ledono la dignità e la libertà di chi le subisce.
Come denunciare le discriminazioni sul lavoro e come difendersi
Spesso e volentieri denunciare le discriminazioni sul lavoro risulta davvero molto difficile per paura di eventuali ritorsioni, per imbarazzo o per altre circostanze che rischiano di rendere tossico l’ambiente di lavoro.
La legge però prevede che il datore di lavoro debba garantire l’indennità psico-fisica ai propri dipendenti, impedendo comportamenti che possano ledere tale indennità. Quindi la prima cosa da fare se si subisce una discriminazione sul lavoro o una molestia, e quindi viene a mancare questa garanzia, è rivolgersi ad un avvocato giuslavorista.
Se questi dovesse fallisse nei tentativi di mediazione con la parte discriminante, farà ricorso al tribunale per far sì che il comportamento errato cessi e che la lavoratrice possa difendersi e continuare ad essere libera senza vessazioni.
È possibile intervenire legalmente contro un datore di lavoro anche tramite un sindacato oppure un’associazione preposta a tutela del lavoratore, qualora ci sia una discriminazione collettiva in atto dove non è possibile individuare le specifiche vittime. In questo caso dovranno però almeno esserci delle prove o delle testimonianze che avvalorino la giusta causa dei dipendenti.
Un altro soggetto molto importante al quale rivolgersi in caso di discriminazioni sul lavoro è la Consigliera di Parità. Si tratta di un’Autorità preposta a tutelare il principio costituzionale antidiscriminatorio che può sia assistere che citare in giudizio un datore di lavoro per conto della persona discriminata con atto autonomo ad adiuvandum.
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