Donne ai vertici aziendali: ecco i vantaggi

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Donne ai vertici aziendali

Le donne ai vertici aziendali, secondo gli ultimi dati Istat, sono ancora poche rispetto agli uomini. Eppure qualcosa si muove, infatti sta aumentando in maniera lenta ma costante il numero delle quote rosa nei ruoli dirigenziali e nei quadri in Italia. Il concetto di inclusività è un tema dominante a livello sociale, quindi un’azienda diretta o che comprende donne tra i vertici viene vista di buon occhio dal pubblico.

Al di là del ritorno positivo in termini di immagine, aspetto comunque tutt’altro che trascurabile, è opportuno considerare il notevole impatto che le donne ai vertici aziendali hanno sulla produttività.

Le indagini economiche evidenziano notevoli incrementi per i bilanci aziendali, ma anche altri benefici come migliore gestione della forza lavoro ed un clima aziendale positivo.

Donne ai vertici aziendali, un nuovo approccio al lavoro

Le donne a capo di un’azienda o una ditta hanno un approccio più morbido sul lavoro. Questo non significa che abbiano poco polso o non sappiano farsi rispettare, semplicemente che sono più compassionevoli ed empatiche verso i dipendenti.

Empatia e compassione sono qualità che i lavoratori apprezzano, in quanto i loro bisogni vengono valutati e capiti. Un lavoratore felice è un lavoratore produttivo ed infatti la produttività presso le aziende guidate da donne ha sempre la freccia rivolta verso l’alto.

Il “paradosso” del lavoro part time

Il part time è uno strumento molto utile in ambito lavorativo, soprattutto per le donne giovani alle prese con neonati o bambini piccoli. Si può richiedere anche in determinate fasi della vita, quando ad esempio bisogna accudire un genitore anziano o malato. Per molte donne, ma in alcuni casi anche uomini, il part time è una vera ancora di salvataggio.

Tuttavia sono davvero pochi i datori di lavori che concedono il part time ai loro dipendenti, poiché questo significa togliere forza-lavoro all’azienda. Tra l’altro in Italia, a differenza di altri paesi, non esiste una vera e propria legge che costringe il datore di lavoro a trasformare il contratto da full time in part time, neanche in condizioni di necessità. L’unica eccezione viene fatta per le persone affette da patologie oncologiche.

Guardando l’altra faccia della medaglia scatta il paradosso: ci sono altre persone in regime di part time che invece preferirebbero lavorare full time. Questi lavoratori si chiamano “part timer involontari” e sono in aumento soprattutto dopo la pandemia. Si tratta di una forma di sottoccupazione che rappresenta un freno alla crescita dell’economia italiana.

Ebbene secondo i dati raccolti le manager sono più propense ad accontentare le richieste di entrambe le tipologie di lavoratori. Nei primi casi assecondano i dipendenti che richiedono il part time, magari assumendo altro personale. In questo modo lo stipendio di una persona viene suddiviso in due e si creano maggiori posti di lavoro.

Allo stesso tempo accettano più di buon grado di concedere contratti full time a chi ne fa richiesta, tenendo ovviamente conto delle possibilità dell’azienda. Aumenta così la produttività aziendale ed il dipendente assunto con un contratto full time è maggiormente incentivato a fare di più e meglio.

Questo atteggiamento delle donne manager ha effetti positivi sul benessere dei lavoratori ma anche dell’azienda, avviando una strategia vincente.

Meno disparità tra uomini e donne in termini di stipendio

Uno dei principali ostacoli alla parità di genere sul lavoro è rappresentato dalla differenza dei salari tra uomini e donne: i primi tendenzialmente guadagnano di più delle seconde, anche se ricoprono lo stesso ruolo.

Recenti analisi hanno dimostrato che la leadership femminile ha portato all’aumento degli stipendi massimi delle lavoratrici ed una diminuzione di quelli minimi. Tale situazione ha ridotto notevolmente la forbice tra gli stipendi femminili e quelli maschili, quindi la differenza di genere in termini di distribuzione salariale si sta notevolmente assottigliando.

Si innesca così un circolo virtuoso. Gli uomini infatti, “minacciati” dall’avanzata di colleghe rampanti che possono scalzarli dai loro posti, non possono adagiarsi sugli allori e devono portare risultati all’azienda in termini di vendita e profitti. Le donne a loro volta percepiscono che si trovano in un ambiente meritocratico e quindi, se lavorano bene, possono ambire a posizioni più alte con stipendi maggiori.

Chi ne trae vantaggio è proprio l’azienda che può contare su una maggiore produttività ed una sana competizione, sia da parte delle donne che degli uomini.

Azienda più duttile e versatile con donne ai vertici aziendali

C’è da fare un’ultima considerazione: i manager tendono a privilegiare lavoratori uomini, affidando loro anche compiti che non rientrano nelle loro corde. In questo modo sviliscono le capacità delle lavoratrici, ma soprattutto fanno un danno anche all’azienda. Determinati lavori possono infatti essere svolti meglio dalla donna per le loro capacità.

Ad esempio per condurre e chiudere una trattativa servono capacità di comunicazione, empatia e sensibilità, caratteristiche tipiche della donna. Una manager è in grado di comprendere meglio le capacità delle donne lavoratrici, quindi sa sfruttarne le potenzialità affidando loro compiti in linea con le loro attitudini. Migliorano le prestazioni e ne trae beneficio l’intera produttività aziendale, e di conseguenza anche i lavoratori e le lavoratrici.

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Pina Tamburrino
Presidentessa Osservatorio Mondo Retail - MagicStore

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