Se la vita lavorativa ti stressa e il rapporto con il datore di lavoro non è dei migliori, potresti essere vittima di straining sul lavoro. Sai cos’è lo straining sul lavoro e quali sono le conseguenze? Ne hai mai sentito parlare? Va detto che è molto facile confondere lo straining con il mobbing, in quanto è una pratica che prevede una forte situazione di stress forzato sul luogo di lavoro.
In questo caso la vittima subisce un’unica azione di durata costante che ha come conseguenza un effetto negativo sull’ambiente lavorativo. La persona che esercita lo straining si trova sempre in una posizione di superiorità rispetto al soggetto, o ai soggetti, che lo subiscono. Questa pratica nasce dalla scienza medica ed è molto simile a quella più conosciuta del mobbing.
Cos’è lo straining sul lavoro e quali sono le differenze con il mobbing?
Lo straining sul lavoro è una pratica che può colpire indistintamente tutti, donne e uomini. Come abbiamo detto può essere confuso col mobbing, quindi è opportuno approfondire meglio le differenze. Con il mobbing si identifica una o più situazioni di sofferenza e malcontento che si avvertono con costanza sul luogo di lavoro.
Lo straining sul lavoro è stato definito per la prima volta nel 2005 e si differenzia dal mobbing perché può nascere anche da una sola azione persecutoria che ha effetti duraturi nel tempo. Le azioni che possono portare allo straining possono riguardare una forte riduzione delle mansioni, una grave marginalizzazione, un’eliminazione totale delle mansioni, un abbassamento della qualifica professionale oppure un abuso nell’utilizzo del trasferimento. Si può quindi affermare che lo straining è una situazione psicologica che si trova a metà tra il mobbing e lo stress da lavoro.
Quando c’è straining? Ecco gli elementi che lo caratterizzano
Tenendo sempre presente che va soprattutto presa in considerazione la percezione soggettiva del comportamento subito dal lavoratore, possiamo elencare gli elementi più importanti che dimostrano la presenza dello straining sul lavoro:
- il non riconoscimento, da parte del datore di lavoro, della professionalità della lavoratrice acquisita dopo aver ricoperto ruoli di responsabilità;
- la lavoratrice che diventa una mera figura operativa in seguito allo “svuotamento” dei suoi ruoli professionali da parte del datore di lavoro;
- la lavoratrice che viene isolata e non viene più presa in considerazione per la realizzazione di progetti o di nuove situazioni a cui precedentemente veniva coinvolta con regolarità;
- il coinvolgimento sporadico della lavoratrice che porta alla perdita delle mansioni o delle incombenze svolte precedentemente;
- la perdita della conoscenza professionale della dipendente;
- la lavoratrice che progressivamente non viene più contattata dai propri responsabili (personalmente o via email);
- la lavoratrice che non viene più coinvolta nei lavori di squadra.
Le conseguenze
La presenza di tutti questi elementi comporta innumerevoli conseguenze, come ad esempio l’umiliazione della lavoratrice che vede frantumare la propria carriera, attraverso l’allontanamento progressivo da ruoli di responsabilità da parte del proprio datore di lavoro.
Altra conseguenza è lo stress della lavoratrice che deriva dall’isolamento provocato dalle azioni messe in campo dai vertici aziendali per screditare la sua immagine. La lavoratrice ancora può provare disagio nello svolgere delle mansioni inferiori, così come la mancanza di un avanzamento di carriera promessa dal datore di lavoro al lavoratore può provocare un forte imbarazzo e frustrazione nel lavoratore. E ancora l’esclusione della dipendente da ogni scelta strategica e programmatica e l’allontanamento da tutti i momenti di formazione periodici porta ad una perdita di preparazione e di esperienza.
La presenza di tutti questi aspetti consente di poter parlare di straining sul lavoro. Questi criteri sono tutti fattori che possono spingere la lavoratrice allo stress, che è un obiettivo cercato dal datore di lavoro che punta ad una lenta e costante emarginazione della dipendente.
Come tutelarsi?
Nel momento in cui si accerta la presenza dello straining sul lavoro, la donna che lavora è sottoposta a danni molto seri che possono riguardare sia la sfera materiale ma anche, e soprattutto, la sfera psicologica. Il più evidente è sicuramente lo stress, che rischia di ripercuotersi anche al di fuori dell’ambito lavorativo.
Questo elemento è già presente in una certa misura nelle donne lavoratrici, che sono chiamate a gestire non solo l’aspetto lavorativo ma anche il rapporto con i figli e le faccende domestiche. La donna che lavora e che è soggetta alla pratica dello straining sul lavoro può però richiedere il risarcimento dei danni.
Tale richiesta può avvenire nel momento in cui sia stato accertato il suo progressivo allontanamento dalla vita aziendale e che ha come naturale conseguenza l’impossibilità del raggiungimento di nuove opportunità professionali e della sua crescita.
Bisogna dunque essere molto attente e far valere i propri diritti qualora lo straining sul lavoro venga posto in essere dai vertici aziendali, per evitare che tale pratica possa condizionare il proprio equilibrio sul posto di lavoro e anche al fuori, nella sfera privata come in quella familiare.
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